17 mag 2018

Ristampato il libro “Rifugio Cinque Torri 1904-2004 - Un’avventura lunga cent’anni”

La famiglia Alberti Lèlo, proprietaria e gestrice della struttura, ha promosso in questi giorni la ristampa anastatica di “Rifugio Cinque Torri 1904-2004 - Un’avventura lunga cent’anni”, volume di Ernesto Majoni uscito 14 anni fa in occasione del secolo di vita del rifugio sotto la Torre Grande d'Averau. Le 64 pagine ricche di immagini d'epoca erano esaurito da tempo ma ancora richieste da alpinisti e bibliofili: ora il volume è nuovamente disponibile presso la famiglia Alberti a Zuel di Sopra, in alcune rivendite e dal 9 giugno al rifugio, che riaprirà per la stagione estiva.
In "Rifugio Cinque Torri 1904-2004" l'autore inizia la storia nel 1842 con la nascita di Giuseppe Ghedina Tomàsc, guida alpina che il 17.9.1880 condusse l’inglese C. G. Wall sulla Torre Grande, massima elevazione del gruppo detto Monte Castellat, dando avvio alla sua esplorazione. Nel 1904 i fratelli Mansueto e Giuseppe Manaigo e Agostino Colli, intuendo che le torri – alcune delle quali già note ai primi alpinisti - costituivano un buon richiamo ma difettavano di un ricovero e ristoro per i visitatori, costruirono l’Albergo 5 Torri, inizialmente in legno a piano unico e poi in muratura a tre piani e con una ventina di cuccette. Uscito praticamente indenne dai due conflitti mondiali, nel '63 l'edificio fu ampliato con la sala da pranzo e oggi – costantemente migliorato e raggiungibile anche con una strada, chiusa in agosto e ottima pista per escursioni invernali con gli sci o le ciaspe - conserva ancora lo stile della casa originaria.
Le Cinque Torri sono una meta molto gettonata e di facile accesso. Tanti escursionisti che passano lassù si dirigono poi più avanti, verso il Nuvolau, la Croda da Lago, i passi Falzarego e Giau o le vie ferrate della Gusela e dell’Averau, ma sulle Torri gli scalatori non mancano. Un tempo erano molto battute tutte le vie classiche delle guglie: Via delle Guide, Myriam, Riss, Diretta, Nord del Barancio, Lusy, Quarta Bassa, Inglese. Da un buon trentennio esse sono state in parte superate dai numerosi tiri moderni, molto duri, spesso brevi ma privi del piacere della vetta.
Il rifugio ha sempre tanto lavoro. Noto anche per la ricca offerta culinaria, è una tappa obbligata per escursionisti, guide alpine e scuole di roccia, scalatori d'antan, climbers, buongustai italiani e stranieri che lassù si satollano. La storia del Cinque Torri offre fatti e curiosità di rilievo: passato per due guerre, dall'Impero al Regno e alla Repubblica, il rifugio lavora da oltre un secolo con impegno e sacrificio, sempre affrontati di buon grado dai proprietari (giunti alla quarta generazione), che sotto le Torri hanno realizzato un valido punto di riferimento per Cortina e l'alpinismo. L’accogliente struttura, in cui si respira ancora l'autentica aria del rifugio alpino, è una pietra miliare dell'ospitalità in Dolomiti, nota e amata, e il libro di Majoni appena ristampato vuole perpetuarne la storia e la memoria.

Ernesto Majoni, “Rifugio Cinque Torri 1904-2004 - Un’avventura lunga cent’anni”, Tipografia Print House Cortina d’Ampezzo 2004 – ristampa anastatica 2018, pagine 64 con immagini in b/n.

8 mag 2018

Giacomo Colli, guida e rifugista, a 100 anni dalla morte

Poco meno di un secolo fa, il 22 giugno 1918, concludeva l'esistenza nella sua casa, nel villaggio di Col, Giacomo Colli Saèrio. Nato nel 1855, a trentaquattro anni aveva conseguito la licenza per esercitare la professione di guida, che gli venne poi rinnovata per un quarto di secolo. 
Giacomo Colli Saèrio, guida e rifugista
(20.5.1855-22.6.1918)
Pur trovandosi nella piena maturità nel periodo in cui “il livello tecnico alpinistico delle guide locali era altissimo”, fu soltanto una "guida per montagne basse", una di quelle disponibili a condurre clienti a piedi o a cavallo attraverso i passi e le valli dolomitiche o in semplici escursioni. Nella storia locale, di Colli si ricorda il soprannome “di Falzarego”, poiché fu uno dei primi, se non proprio il primo rifugista della conca. 
Rilevò, infatti, dal padre Francesco Saverio e poi mantenne per lungo tempo la gestione dell’Ospizio Falzarego, situato prima del passo omonimo sulla Strada delle Dolomiti, completata nel 1909, che sostituì la carreggiabile fra Ampezzo e Livinallongo. Il fabbricato, eretto dalla Magnifica Comunità ampezzana già nel 1868 per ospitare chi transitava per Falzarego, pur essendo la prima struttura d'interesse alpinistico della conca, non fu mai ritenuto un rifugio alpino; anzi, dopo essere stato dotato di una stazione postelegrafonica, nel 1905 fu trasformato in un vero e proprio albergo. 
All'epoca, per rilasciare la concessione a gestirlo, il Comune poneva obblighi rigorosi: apertura garantita fino al 20 novembre di ogni anno e in ogni condizione di tempo; obbligo per il custode di “mantenere la strada dal confine di Livinallongo fino a Cianzopé”, e di essere “fornito di vettovaglie e di buone bibite nonché di foraggi, dei quali avrà sempre una provvigione di almeno 300 chili di fieno e sufficiente quantità di avena”; il capitolato infine, curiosamente stabiliva che “l’Ospizio non potrà giammai essere abbandonato in mano a sole donne.” Per cui, tra il lavoro e gli obblighi ai quali sottostare e avendo moglie e due figlie femmine, quando mai il Saèrio avrà avuto il tempo di scorrazzare per le montagne?
Nel 1907 la gestione dell'Ospizio passò all'imprenditore, bolzanino ma nato in Grecia, Theodor Christomannos (1854-1911). Fautore della Strada delle Dolomiti, il successore di Colli  gestiva già una struttura analoga  sul Pordoi e tenne quella di Falzarego per poco tempo, poiché morì a soli cinquantasei anni. Raso al suolo dall'artiglieria allo scoppio della prima guerra mondiale, dell'Ospizio - Albergo Falzarego sopravvive in pratica soltanto qualche fotografia.

4 mag 2018

Su un "quinto stagno" del grande Angelo Dibona

A sinistra della via normale alla Torre Grande d'Averau dal versante Tofana, scoperta il 17 settembre 1880 da Giuseppe Ghedina Tomàsc col britannico C.G. Wall, si eleva l'ombrosa parete nord della Torre, ben visibile solo da chi si interni fra le guglie e solcata da poche, ma impegnative vie.
La più antica di queste ha oltre un secolo di vita: risale, infatti, all'ottobre 1910, si dovette ad Angelo Dibona e Celestino de Zanna che guidavano l'albergatore Amedeo Girardi, e spicca perché su di essa - cinque anni dopo la Dimai del Campanile omonimo e uno dopo lo spigolo Jori della Punta Fiames - si toccò per la prima volta sulle Torri il 5° grado, limite alpinistico del tempo.
Il tratto più "stagno" dell'itinerario, che in totale misura un centinaio di metri, sta nella cordata basale e si sostanzia nella fessura che un grande ”orecchio” di dolomia forma addossandosi alla parete verticale; inizia strapiombando, si fa sempre più larga man mano che sale e la cordata di Dibona la superò, ovviamente, senz'alcun mezzo artificiale.
Torre Grande, parete nord della Cima Nord 
Sulla destra, l'"orecchio" (foto E.M., 2009) 

Non saprei quanto frequenti siano le ascensioni della via, la prima di quelle nuove di Dibona sulle Torri (fra le quali Angelo scalò nel settembre 1911 la Quarta Bassa e Alta, e sedici anni dopo, coi colleghi Apollonio e Verzi, raggiunse in traversata aerea la piccola Trephor. Non ho riscontrato invece nelle fonti la variante alla via Myriam sulla Torre Grande, che Angelo avrebbe tracciato con un cliente ignoto nel luglio 1928. 
Dopo oltre un trentennio, ho ancora in mente quella salita, per vari motivi: la verticalità e la solidità della parete; l’esposizione della prima lunghezza di corda, allora provvista di un solo chiodo di assicurazione; l'orgoglio di conoscere un "quinto" del leggendario Dibona, che proprio nel biennio 1910-1911 compì alcune delle sue prime più “mostruose” sulle Alpi. Al confronto di quelle, la nord della Torre Grande d'Averau dovette sicuramente rappresentare un puro "divertissèment" in chiusura di stagione, prima che l'inverno consigliasse di riporre le corde in soffitta.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...