22 apr 2013

G. Herold, Carneade delle Dolomiti


Punta Nera dai Tondi di Faloria
(photo: courtesy of A. Bernardi)
Nel 1912, un tale G. (l’iniziale potrebbe stare per George) Herold, che se ne andava in giro a scalare montagne da solo e tra il 1895 e il 1905 aveva già aperto una decina di itinerari in diversi angoli delle Dolomiti, passò a Cortina, forse con l’intento di cercare anche lì una via nuova.
L’8 agosto, infatti, l’anglosassone salì senza compagni la parete O della Punta Nera, cima che fino agli anni ’30 si raggiungeva da Cortina o dal Passo Tre Croci senza facilitazioni meccaniche ed anche oggi è rimasta abbastanza remota e solitaria, nonché poco seducente per gli amanti della roccia pura. 
Il fianco scelto da Herold per salire dovrebbe essere quello che affonda in Val Orita, sulla destra dell'immagine: il tracciato e la descrizione della via, la difficoltà e il tempo impiegato per portarla a termine (notizie che forse avrebbero potuto spingere qualcun altro a frequentarla) non sono note, almeno dopo aver scorso le fonti accessibili in italiano.
“Dolomiti Orientali” di Antonio Berti riporta solo la stringata citazione della salita: “Itinerario non descritto”, in calce alla quale compaiono due riferimenti bibliografici poco utili, giacché non tutti gli alpinisti sono anche topi di biblioteca e, viceversa, tanti topi di biblioteca non vanno a scalare montagne.
Chissà poi se la via di Herold, seconda in ordine cronologico dopo quella di Alessandro Lacedelli da Meleres (1876), delle tre che fino ad oggi raggiungono la Punta Nera, esisterà ancora, data la fatale tendenza a disgregarsi di questa montagna?
Forse gli aspiranti salitori oggi avrebbero qualche dubbio nel sapere dove si trova esattamente, come si svolge e se una salita sarebbe utile a esplorare una cima solitaria, posta al margine dal circuito dolomitico, che chi scrive ha salito varie volte e sempre apprezzato.

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