10 ott 2012

13 anni fa, sulla Cima NE di Marcoira

Una montagna dove siamo saliti spesso, per affetto ma anche per comodità, è la Cima NE di Malquoira, o di Marcoira,  posta  lungo la diramazione ampezzana del Sorapis.
Mentre a N, verso il Passo Tre Croci, la cima scende con alte pareti salite da nomi illustri per vie misconosciute, a S scivola con pale erbose assai erte ma abbordabili verso il Ciadin del Lòudo, una valletta oggi purtroppo parzialmente imbiancata dalle ghiaie, dove ai tempi dei pionieri pascolavano le pecore: un angolo romito, un gioiello solitario.
Da questa parte, la "Marcoira" si sale in breve tempo seguendo una traccia poco marcata e non segnalata, che prende avvio a Forcella Marcoira, lo stretto intaglio raggiungibile dal Passo Tre Croci per un accidentato canale detritico.
La prima volta giunsi in cima per caso, il giorno della Sagra d’Ampezzo di tot anni fa. Transitavo per il Ciadin da solo e di quella montagna sapevo solo quel poco che riportava il “Berti”. In vetta, mi stupii di trovare un ometto e due rami a mo' di croce, e cercai altro: ma nulla.
Qualche tempo dopo un conoscente, con il quale avevo fatto un paio di salite, mi disse di essere giunto più volte su quella sommità seguendo una via di Castiglioni. Cavolo, ma era proprio quella che nell'80 con mio fratello avevamo cercato, senza capire neppure l’attacco, quasi annegando nei mughi dello zoccolo!
Tornai su a metà degli anni ‘90, e tredici anni orsono, il 10/10/1999 - giorno in cui gli Alpini scorrazzavano per ogni cima dolomitica, lanciando razzi tricolori per ricordare la fine del millennio – eravamo di nuovo su.
Lasciai sotto l'ometto un barattolo con uno striminzito calepino, subito sostituito da un amico di manica più larga: da allora, grazie anche ad alcuni miei articoli, ogni estate si affacciò sulla Cima qualcuno in più.
L’ultima volta, per ora, sono tornato sulla "Marcoira" nel luglio 2005, notando che in meno di un mese erano arrivati in vetta ben 15 appassionati: alla fine, siamo sempre quelli, che sfuggono alle "autostrade dolomitiche" per rifugiarsi su crode solo in apparenza minori, dove non occorre farsi largo fra la folla vociante, la vernice, le cartacce.
Dove la solitudine alpina non è una frase fatta.

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