30 apr 2012

Sul Ciavazes con Luciano e Mauro


L'ineluttabile abbandono ai ricordi che spesso mi prende, mi fa tornare in mente, a distanza di anni, alcune occasioni in cui mi legai in cordata o, semplicemente, calpestai sentieri sulle nostre montagne con amici scomparsi, fra i quali Luciano, che è "andato avanti" ormai da quasi sei anni.
Un giorno del 1987 venne a sapere da qualcuno che tempo prima, con altri cinque, avevo salito la “Via della Rampa”, aperta nel 1935 dal Conte Del Torso con la guida Emilio Lezuo sulla nota parete S del Piz Ciavazes: una classica di medio impegno e molto battuta, che non poteva mancare nel nostro modesto carnet. 
Così il 31 maggio di quell'anno, a Mauro, con il quale mi ero accordato per tornare sulla via, si aggiunse anche Luciano, e salimmo la rampa in tre. I miei compagni spedirono me in testa, perché conoscevo già il tracciato, e devo affermare che, su quei 350 m di buon IV, già allora levigatissimo dopo oltre mezzo secolo di passaggi, non me la cavai male.
Non ho altri specifici ricordi di quella salita, a parte uno: prima di rientrare alla macchina, ci fermammo un momento al Rifugio Monti Pallidi al Pian dei Schiavaneis, per la rituale birra che tuttora accompagna moltissime giornate all’aria aperta.
Fu lì che incrociammo due paesani che rientravano dalla Via Schubert sullo stesso Ciavazes: una dei due era la compianta “Iaia” Walpoth, vittima di una valanga sulle Creste Bianche il giorno di Natale 1989.
Sarà una coincidenza, ma di quei cinque ragazzi che bevvero la birra al Rifugio Monti Pallidi in quella domenica di primavera, oggi siamo ancora in tre, ultracinquantenni.
E’ un vero peccato che non abbia alcuna immagine di quella salita, solo perché al tempo la Olympus a tracolla mi avrebbe dato fastidio.
Oggi la digitale ce l'ho sempre addosso, ma ovviamente le testimonianze che fisso non sono le stesse di quel periodo scanzonato.

23 apr 2012

Camminando a Zumeles

La Forcella Zumeles, incisa nel crinale dei Crepe omonimi, nel gruppo del Pomagagnon, è un prezioso balcone sulla conca ampezzana e consente il transito fra Cortina e la Val Padeon.
Vi si giunge da Sonforcia, alla testata della valle appena citata, per il sentiero ex militare n. 205, che sottende senza dislivelli notevoli la Pala Perosego. Da Cortina vi sale il sentiero n. 204, ristrutturato nel 1998 dal CAI Cortina.
Il sentiero si dirama dalla strada forestale che da Larieto traversa verso Mietres, e rimonta i pendii prativi, una volta tutti falciati, delle Pales de Perosego.
Dopo il maltempo dell’autunno 1997, che inferse il colpo di grazia ad un tracciato già penalizzato dalla natura del terreno su cui scorre, il sentiero fu sistemato con traversine e passerelle e offre ora un percorso comodo.
Non so se tutti sanno che vicino alla Forcella, accessibili dal sentiero n. 204 per un’angusta galleria, si trovano i ruderi di una casermetta affacciata su Cortina, dove tanti anni fa, la sera del 14 agosto, brillava uno dei classici falò in onore della Madonna.
Dalla Forcella, per una buona traccia, si può salire la Punta Erbing, ultimo rilievo del Pomagagnon, o scendere al Brite de Padeon, nel cuore della valle omonima.
Il valico merita una passeggiata, soprattutto in autunno, quando il bosco d’abeti e larici che ricopre il versante nord dei Crepe de Perosego si tinge di tonalità magnifiche.
Anni fa si vociferava di un impianto seggioviario, che doveva scavalcare la forcella partendo da Mietres, per allacciare quest’ultima zona al comprensorio del Cristallo. Non potendo esprimere giudizi di carattere tecnico od economico, penso soltanto che sarebbe stata una follia dal punto di vista naturalistico seppellire sotto ferro e cemento, la zona selvaggia che attornia Zumeles e Perosego!


Cortina da Zumeles


18 apr 2012

Era d'inverno, sul Monte Verzegnis ...

Era d'inverno, sul Monte Verzegnis ...
6 gennaio 1986
Forse nessuno, o quasi, fra coloro che seguono questo blog saprà individuare tre protagonisti della foto a fianco, una delle poche che conservo d'una gita in compagnia sulle Prealpi friulane, risalente ormai a diversi anni orsono.
Da sinistra: il secondo è Andrea di Aiello del Friuli, poi c’è Paolo di Crauglio (San Vito al Torre), e infine Gianni, il capogita, anch'egli di Aiello. Il primo è il sottoscritto, al tempo obiettore di coscienza nella Bassa Friulana, e la foto ricorda la via normale del Monte Verzegnis da Sella Chianzutan, portata a termine con buon impegno il giorno dell’Epifania 1986.
Di quella giornata fredda e faticosa conservo alcuni flash: ricordo soprattutto la sensazione di fratellanza e condivisione dell’”impresa” che pervase il nostro gruppo durante la salita, e ce la fece poi ricordare e rievocare diverse volte.
In quella giornata, più adatta a starsene a casa sul divano che non a "cercar notte" tra la neve, fummo sempre soli, in un ambiente freddo e nebbioso circondato da un silenzio ovattato; salimmo una montagna estranea a grandi imprese, dove d’estate forse si giunge anche in MTB, ma a noi richiese piccozza, ramponi e la corda su un tratto di cresta delicata ed esposta.
Ricordo il 6 gennaio sul Verzegnis come un'avventura giovanile di quelle che ti riempiono gli occhi e il cuore di emozione. Ringrazio gli amici per quella e per tante altre giornate trascorse sui monti, e soprattutto oggi rivolgo un caro pensiero ad Andrea, che qualche giorno fa ha lasciato all'improvviso la famiglia, gli amici, il suo paese, ad appena 51 anni. Mandi Pit!

15 apr 2012

Piccola e abbastanza cattiva ...

Avevo ventitré anni, quando scoprii una "via normale" dolomitica non proprio semplice e storicamente importante: quella della Cima Piccola di Lavaredo. A Mario, che  mi seguiva quell’anno, non sembrò gran cosa: a me invece piacque discretamente, tanto che poi la rifeci tre volte.
Tre Cime e  una nuvola
(foto Enrico Maioni)
La via, è pregevole se non dal punto di vista della scalata, almeno da quello della storia: fu scoperta da Michel (il quale solo pochi anni prima pensava che per salire su quella cima ci volessero le ali) e Hans Innerkofler il 25/7/1881 e poi rettificata dai fratelli Zsigmondy.
Alcuni passaggi della via si attestano sul III, mentre il camino finale, ormai lisciato da migliaia di suole, rasenta il IV: quindi la via, pur essendo una “normale”, non è una soluzione banale per salire la Piccola, che comunque accessi più facili non ne ha.
Al tempo usavamo salire e scendere slegati il primo tratto della via, l’avancorpo che si nota dalla strada fra il Rifugio Auronzo e il Lavaredo, per non perdere tempo con le laboriose corde doppie che depositano comunque poco lontano dall'attacco.
Il resto della salita, utilizzata soprattutto da chi scende da altre vie, presenta comunque passaggi interessanti: la “traversata” immortalata dal Wundt con Jeanne Immink e i suoi guanti di camoscio, il diedro, il camino finale.
Poi l’arrivo sull’esile vetta, tre blocchi orizzontali in fila che sembrano quasi piallati a mano... La sensazione che ricordo stando appollaiato lassù a 2857 m su quel terrazzino, era emozionante, quasi da capogiro.
Sommando salita e discesa a corda doppia (lunga e complessa, disponendo di un’unica corda), anche per noi la Piccola di Lavaredo non fu un’esperienza da prendere sottogamba.
Lassù ci divertimmo sempre molto e ci sentimmo immersi appieno nell'universo dolomitico.

13 apr 2012

Cime poco visitate, selvagge nel loro isolamento

Nel corso degli anni, ho maturato più di una simpatia per il Pomagagnon, la dorsale che incornicia la conca d'Ampezzo a N-NE, offrendo varie possibilità di percorrere sentieri e salire pareti e cime di difficoltà diverse.
Lo sbalzo sommitale della Croda dei Zestelis,
dalla Punta Erbing (20/8/2009)
Dal 1967 ad oggi, ho raggiunto la maggior parte della ventina di elevazioni in cui si frammenta la dorsale: Q. 1933 e 2014 del Pezovico, Punta Fiames, Punta Croce, Campanile Dimai, III Pala de ra Pezories, Gusela de Padeon, Croda Longes, Croda del Pomagagnon, Testa e Costa del Bartoldo, Punta Erbing, Pala Perosego.
Dato per certo che il Torrione Scoiattoli, ai piedi delle Pezories, presenta difficoltà di arrampicata fuori dalla mia portata, e la Punta Armando (sulla cresta del Campanile Dimai) non ha valore escursionistico, mi mancano tre vette, due Pale de ra Pezories e la Croda, o Punta dei Zestelìs.
Sono tre cime poco visitate, selvagge nel loro isolamento, forse adatte per la stagione avanzata quando in alto la neve ha già fatto la sua comparsa.
So di amici saliti sulla I Pala delle Pezories, ma non ho informazioni aggiornate sui Zestelìs. Luca Visentini, nel suo libro sul Cristallo, suggeriva la salita da N, prendendo le mosse da Forcella Zumeles, ma in altra fonte ho trovato anche una possibilità di accesso da S, dal grande colatoio tra la Croda e la Costa del Bartoldo. Il colatoio si scavalca seguendo la III Cengia del Pomagagnon, e con difficoltà presumibilmente abbordabili porterebbe sulla Forcella dei Zestelìs e in cresta.
Come le Pale, anche questa cosa rimane da fare nelle prossime estati. Per ora, gironzolo ai piedi delle rocce, immaginando cosa possano nascondere quelle cime disertate, dove l’escursionista si avventura di rado e che, nonostante siano abbastanza facilmente visitabili, credo ben pochi si prendano la briga di visitare.


10 apr 2012

Il Col Rosà, una cima simpatica e remunerativa

Il 26, o forse il 30 giugno 1899, l'inglese Robert Corry salì con le guide Antonio Dimai e Zaccaria Pompanin la parete SE del Col Rosà. La cima chiude a N il gruppo delle Tofane; mentre a settentrione scende sulla Val di Fanes con salti coperti di mughi, a meridione guarda la piana di Fiames con un’alta parete.
Così a fine secolo il Col Rosà ebbe anch'esso la sua via (difficoltà intorno al IV, roccia non sempre ottima), che attirò molti pretendenti. Le guide Angelo Gaspari, Antonio Constantini, Giuseppe Menardi e, dopo la 1^ Guerra Mondiale, anche Celso Degasper corressero con alcune varianti il percorso, in origine un po' complicato.
La via Corry divenne di moda se non altro per l'agevole accesso e rientro, il quale ultimo sfrutta l'antico sentiero di cacciatori che inizia sul Pian de ra Spines, fatto sistemare dalla proprietaria della Villa Sant'Hubertus a Podestagno, Anna Powers Potts, per poter salire in vetta a cavallo.
Il Col Rosà a metà ottobre,
dall'ex aeroporto di Fiames (foto I.D.F.)
Tra il 1943 e il 1966 Scoiattoli e guide aprirono sul Col Rosà altre vie, ma oggi pare che nessuna susciti più le brame dei rocciatori. La cima, peraltro, è assai gettonata dai "ferratisti", che spesso affollano la breve, esposta via attrezzata “Ettore Bovero” sul fianco SO, inaugurata nel 1965.
Chi scrive, dopo aver percorso la "Bovero" più volte anche in solitaria, oggi  ama rifare al contrario il percorso normalmente utilizzato per la discesa.
Il sentiero, numerato col 447, è ripido, un po' faticoso (dislivello 900 m) e non breve, ma dopo la sistemazione curata dal Parco d’Ampezzo non presenta problemi, se non la copiosa sudata che può far fare a chi lo salga durante l'estate.
Anche se Grohmann non se la sentiva di consigliare la cima, perché a suo parere a Cortina ce n'erano “altre … che con minor fatica offrono maggiori attrattive”, ci piace avvicinarci al Col Rosà soprattutto in autunno e, potendo, fino alle soglie dell'inverno, per gustare i silenzi e i colori dell’ambiente circostante. Così questa cima si propone senz'altro come una meta simpatica e remunerativa.

6 apr 2012

Gli anniversari alpinistici vanno celebrati o no?

Ricordare anniversari legati a persone o a determinati fatti può essere una forma di omaggio alla memoria, un fatto di cultura o anche, più prosaicamente, un'operazione di business.
Gli anniversari possono essere noti o del tutto ignoti ai più, riscuotere risonanza mediatica o sparire nel bailamme dei fatti della vita; ad esempio, proprio oggi ricorrono 100 anni dalla morte del grande poeta Giovanni Pascoli, un autore che ogni italiano dovrebbe conoscere; e guarda caso, anche il 6/4/1912 era Venerdì Santo. Eppure di questo anniversario non ho trovato neppure una riga, da nessuna parte: forse non fa abbastanza audience ...
Per quanto riguarda la Montagna, com'è logico, tra alpinisti, bivacchi, ferrate, rifugi e vie si potrebbe trovare un anniversario al giorno o quasi, per l'anno intero. Ad esempio: fra cinque mesi esatti, il 6 settembre, saranno 100 anni dalla morte di Luigi Cesaletti "Colòto", una delle prime guide alpine del Cadore, l'uomo che nel 1877 osò scalare da solo per una via più difficile di quelle note fino ad allora nel circondario, la Torre dei Sabbioni, sconosciuta cima delle Marmarole.
A San Vito, paese natale di Cesaletti, era balenata l'idea di ricordare il centenario del pioniere, oltre che con un'eventuale targa da apporre a Forcella Grande presso l'attacco della "sua" via, con la ristampa aggiornata di un prezioso libro, "La conquista del 3° grado", scritto nel 1977 dal giornalista e storico sanvitese Mario Ferruccio Belli con l'aiuto di Tarcisio De Lotto e da molti anni esaurito e irreperibile.
Luigi Cesaletti "Colòto" (1840-1912)
pioniere del 3° grado
L'iniziativa pareva avviarsi sul binario giusto, quando la Sezione del Cai competente ha cambiato parere; così la ristampa, almeno per ora, non si farà e forse quel giorno si faciliterà la salita di appassionati e curiosi sulla Torre con corde fisse, come già si fece nell'agosto 1977, per il 100° della salita.
Nel 2013, fra l'altro, si ricorderà il 150° della fondazione a Torino del Club Alpino Italiano, che coinvolge le Sezioni di tutta Italia; Cortina invece avrà il 150° della conquista della cima dove nacque l'alpinismo nella valle: la Tofana di Mezzo, scalata da Paul Grohmann col cacciatore ampezzano Francesco Lacedelli da Meleres il 29/8/1863.
A Selva di Cadore, infine, è balenata l'idea di ricordare con una targa, e forse anche con una piccola pubblicazione, il 150° della prima salita "alpinistica" del Pelmo da parte di Grohmann con Francesco e Alessandro Lacedelli da Meleres e i cacciatori di Pescul Melchiorre e Luigi Zuliani, che cadrà  - come l'anniversario di Cesaletti - il 6 settembre. Per il piccolo paese di Selva, dove non c'è nemmeno la Sezione del Cai, ci sembra una bella idea.

4 apr 2012

Sulla Preuss, estate 1981

Marina la padovana, Cinzia (meno alta e infilata nel bagagliaio della 127 per risparmiare il pedaggio …), Enrico, Ernesto.
Cima Piccolissima con la Fessura Preuss-Relly
 da Forcella Lavaredo (foto Enrico Maioni)
Questo quartetto, l'ultimo giorno di luglio del 1981, arrivò al Rifugio Auronzo con l’intento (riservato ai due E, amici e compagni di croda da tempo), di salire la via Preuss della Piccolissima, nel 70° della prima scalata: a vent'anni, però, il genetliaco ci diceva ben poco!
Salimmo veloci a Forcella Lavaredo, e lì lasciammo le ragazze ad ammirare le nostre evoluzioni. Attaccammo quindi con emozione la variante Casara, e ci volle poco per picchiare il muso sulla famigerata Parete Preuss.
“Achtung, Tiger!” Così aveva detto Paul al compagno Relly, superandola di slancio senza chiodi, e così avranno urlato i primi ripetitori, quando la via, purtroppo, registrava quasi più disgrazie che salite.
Su quel muro ricordo non chiodi né cunei, ma una cosa simile al manico di una manèra, con un cordone come appiglio, come appoggio, come elemento tranquillizzante per un tratto di dolomia gialla diritto fino alle ghiaie.
Da secondo stavo da papa, e tale rimasi per l’intera salita, che Enrico condusse come sempre con calma olimpica (pochi anni dopo divenne guida). Oggi non so più scandire singoli fotogrammi della via; mi pare comunque di sentire ancora nelle gambe le spaccate in camino, che al tempo mi costavano meno fatica giacché pesavo una settantina di chili; ho negli occhi l'aguzza punta della Piccolissima, lanciata nel cielo 250 metri sopra la baraonda di Forcella Lavaredo, sulla quale entrambi gustammo in silenzio il piacere della salita appena conclusa; ricordo anche il mio orgoglio di ventenne - accresciuto dal fatto che in basso avevamo ben due ammiratrici - che poteva fregiarsi di una delle vie dolomitiche più note, un exploit del grande Preuss che morì prima di poter apprezzare, o condannare, i progressi dell’arrampicata dopo la Prima Guerra Mondiale.
In quel periodo avevo già qualcosa in carniere, dal Sas de Stria al Becco di Mezzodì e alla semi-sconosciuta Torre Lagazuoi; altro avrei fatto fino all'autunno, dalla Torre Wundt alla Piccola di Lavaredo, Punta Fiames, Torre del Lago, Popena Basso, Campanile di Val Montanaia, Cristallo.
Per quanto riguarda le crode, l'estate fu intensa: se non di capacità atletiche, ero ricco di entusiasmo, conoscevo a menadito la guida Berti, mi piaceva il contatto con la dolomia e sulle difficoltà classiche non me la cavavo male!
La discesa nel canale che guarda il Rifugio Lavaredo, fatale a tanti per la propensione a convogliare ogni pietra che si stacca dalla vetta, si svolse in un lampo. Alla base della Piccolissima, mentre il "robot" friggeva dallo sforzo, ritrovammo le amiche e scendemmo subito al rifugio per la birra, che in quei frangenti non poteva mancare.
È trascorso un secolo dalla salita di Preuss e tre decenni dalla nostra; pur avendo frequentato altre cime in Lavaredo, sulla Piccolissima non ho avuto più occasione di tornare. Con queste righe, mi è parso di essere ancora lassù e ho rivissuto l’emozione di aver “conosciuto” Preuss, accarezzando le rocce dove egli salì e scese da primo di cordata, senza mezzi artificiali, il 5-6 settembre 1911.

2 apr 2012

Alcuni dei personaggi illustri ricordati sulle nostre montagne

Nel corso degli anni, numerose cime di Cortina e dintorni sono state dedicate a personaggi scomparsi, locali e non.
Prendendo in esame a campione alcuni gruppi, inizio con quello della Croda da Lago, dove troviamo la Cima Marino Bianchi, dedicata nel 1973 alla guida alpina di padre cibianese, caduto quattro anni prima sulla Torre del Lago.
Cresta della Croda da Lago:
in centro, il Campanile Dino Buzzati
Nelle vicinanze emerge il Torrione Dino Buzzati, il quale ricorda lo scrittore che amò la Croda più d’ogni altra montagna e nel 1966 vi compì la sua ultima scalata con Lino Lacedelli e Rolly Marchi,  e la Punta Raffaele, dedicata a Raffaele Zardini Laresc, Scoiattolo e guida caduto nel 1975 col deltaplano. Queste ultime due cime sono "scoperte" di Franz Dallago, guida che solo nel gruppo della Croda da Lago ha trovato oltre 30 vie nuove.
Sotto il Nuvolao c’è la Torre Anna: ritengo sia un omaggio di Franz ad una gentile, a me ignota fanciulla. Sempre Dallago ha salito per primo due torri della Tofana, dedicandone una a Franco De Zordo di Cibiana, caduto sulle Tre Cime nel 1965 e l’altra ad Albino Michielli Strobel, Scoiattolo e guida attivo negli anni 1950-1960.
Spigolando qua e là, sul Pomagagnon c'è il Campanile Dimai (dedicato ad Antonio Dimai, la guida che nel 1905 ne superò la parete S), e la Punta Armando, intitolata allo Scoiattolo Armando Apollonio, scomparso nel 1950.
Nel Cristallo, poi, il Campanile Dibona è stato intitolato al simbolo delle guide ampezzane, che lo salì in solitaria nel 1908 e con Luigi Rizzi e i fratelli Mayer l’anno dopo. 
Cambiando per un attimo zona, non mancano all'appello neppure gli amici Alberto Bonafede  (1968-2011) e Aldo Giustina (1969-2011), caduti il 31 agosto scorso durante un soccorso sulla parete N del Pelmo; il 2 novembre dello scorso anno Paolo Michielini ha scalato e dedicato loro una torre senza nome ai piedi del Pelmo, nei pressi della Torre dei Bellunesi.
Mi piacerebbe andare avanti, ma per ora sorvolo sulle altre montagne, per non trasformare questo contributo in un arido elenco telefonico.
A Cortina manca comunque un ricordo di molti benemeriti della montagna; nessun luogo, ad esempio, fa memoria di Federico Terschak, accademico del CAI e scrittore (1890-1977), che sulle nostre montagne aprì una ventina di vie nuove e scrisse alcuni libri interessanti e importanti per Cortina.
Neppure Francesco Lacedelli "Chéco da Melères" (1796-1886), prima storica guida locale, è ricordo sulle nostre Dolomiti, e nemmeno del pioniere di queste crode, Paul Grohmann (1838-1908) qui sulle nostre montagne ci si è ricordati ...
Le cime vergini, però, oggi non si trovano quasi più,  e le vie nuove sono sempre meno e vengono battezzate con nomi di tutt'altro genere. Quindi ai personaggi esclusi dobbiamo riservare altre forme d’omaggio alla memoria.

Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria

Ernesto Majoni e Roberto Vecellio, Sachsendank 1883 Nuvolau 2023. 140 anni di storia e memoria , pp. 96 con foto b/n e a colori, Cai Cortina...